mercoledì 22 agosto 2012

Terzo giorno (22 agosto) - diario di una volontaria


Oggi Daniela ci propone una nuova attività coerente con il tema guida della “trasformazione”: il segno e il colore come significati attraverso il gesto pittorico, l’intenzione comunicativa, la relazione dialogica con lo spazio del supporto e dell’ambiente circostante.

Sui due pannelli predisposti per la dimostrazione (e analoghi a quelli che ciascun gruppo avrà a disposizione), destinati l’uno ad ospitare e comunicare i “segni e colori per l’ombra” e l’altro quelli per “ la luce” (i concetti simbolici del positivo e del negativo già meditati in precedenza), Daniela ci mostra colori e forme possibili per svolgere il lavoro.
Tutti insieme cerchiamo di apprendere l’importanza di un concetto fondamentale non solo per l’arte, ma ogni azione educativa: riflettendo su ciò che si ha da dire, darsi alcune regole di base, alcuni criteri con cui esprimerlo, in modo che seguendoli si abbia la capacità di “dire con ordine”.
Le regole aiutano a fare, non impediscono di fare come al contrario spesso si è portati a intendere o a vivere di consueto: nella regola comune a tutti, ciascuno ha lo spazio del rispetto di sé e del riconoscimento. Costruendole insieme, ne comprendiamo il senso, il carattere, la finalità, la grande capacità di aprirci possibilità diverse.
Per il laboratorio di questa mattina, le regole che organizzano il linguaggio da usare sono utilizzare una certa gamma di colori per la luce e un’altra per l’ombra, esprimersi attraverso linee e segni (quindi non necessariamente figurativi), utilizzare al massimo la gestualità completa che il corpo e il supporto a disposizione possono offrire (mani, piedi, pennelli vari). In questo modo, l’espressività libera ciascuno e tuttavia conduce il segno singolo nel linguaggio condiviso da tutti.
Tutti insieme osserviamo come Daniela, attraverso i colori e la gestualità del corpo, lasci tracce significative sui due grandi pannelli a terra predisposti ad accoglierle.

Riflettiamo su quanto è importante anche il “vuoto” in un disegno, come il silenzio di una pagina bianca tra le parole, perché anch’esso è spazio, è un pezzo di mondo che pertanto dialoga già con un altro, che già dice qualcosa a noi che diciamo altro. La libertà dell’espressione e della comunicazione di ciò che si sente o si vive passa anche attraverso questa consapevolezza e attraverso l’esercizio complesso eppure imprescindibile della relazione con l’altro.
Ciascun gruppo lavora poi con queste indicazioni di base producendo i propri lavori conclusivi.











Il gruppo n.4 coordinato da Rossella riflette sull’opposizione luce/ombra (simbolo per il positivo/negativo degli eventi, delle situazioni, della nostra capacità di farvi fronte e di parteciparvi per cambiare) in questo modo:
Si parte a ragionare da ciò che è negativo, quindi dall’ombra, perché in questo modo possiamo avere più forza insieme per cambiarlo in luce, e non avere paura o sentirci da soli o impotenti, come se al contrario dalla luce si passasse all’ombra, dal positivo al negativo a causa di qualcosa che non possiamo decidere o su cui non riusciamo ad opporre la nostra forza o serenità (il caso del terremoto non è espresso, ma sembra affacciarsi più volte);
Si decide di dare al lavoro finale una disposizione orizzontale e una leggibilità dal basso verso l’alto. Si parte quindi dal pannello orizzontale più in basso e si sale a leggere il lavoro verso l’alto. In questo modo, il gruppo intende esprimere la fiducia nella possibilità di comprendere il negativo, di dare ad esso un ordine, di renderlo leggibile e di giungere al positivo, per quanto possibile, nelle situazioni che ci sono date. Emerge diffusamente l’esempio del terremoto, e delle reazioni diverse tra bambini e adulti, della voglia di superarlo della maggior parte dei primi, delle paure ancora presenti in altri.


Il negativo/ombra degli eventi o delle situazioni, così come quello che riguarda i nostri sentimenti e pensieri, si può intendere come qualcosa che in un modo o nell’altro rompe l’equilibrio che c’era o in cui si viveva (emerge prepotente qui l’esempio del terremoto, del conflitto creato dalla frattura di un ordine, dal disagio di vedersi oggetto di paure quando anche non se ne ha coscienza o si vorrebbe superarle). Pertanto, il gruppo decide di assegnare al pannello “ombra” linee spezzate, o disordinate; gestualità di fuga, come violente impronte di mani singole (si è da soli, ci si sente da soli), o impronte di piedi che simboleggiano una fuga disordinata (non hanno un percorso stabilito, non si sa dove andare, o non si può andare in qualche posto. Qui emerge l’esempio della scuola, solitamente detestata cordialmente nella struttura vetusta e severa, ma che qui sembra più essere presente come tessuto di volti e di esperienze più che di aule e spazi);

Il positivo/luce viene definito in opposizione al precedente pannello. La positività, la luce delle situazioni, degli eventi, richiama un ordine attraverso cui le cose si comprendono, un percorso visibile che ripristini ciò che si era frantumato o che non era ordinato: le linee da tratteggiate si fanno un alto orizzonte continuo, chiarissimo, che ospita nel cielo allargato mani a coppie o a gruppi (non si è da soli quando si sta bene, dicono tutti), oltre che piccoli segni innocui, disposti con grazia e leggerezza a colmare lo spazio, e la traccia di piedi l’uno dopo l’altro, come a percorrere una strada finalizzata, una via in avanti.
Tra i due “mondi” si riflette su quale rapporto esista, o su quale si vorrebbe esistesse. Il gruppo concorda sul mettere in relazione i due aspetti della realtà (il positivo e il negativo) attraverso un simbolo unificante, il cerchio, che subito per prepotenza metaforica dei colori diventa nella metà inferiore del lavoro complessivo la luna, e in quella superiore il sole.
La mattinata procede con i lavori individuali da concludere e con alcuni giochi liberi.
Il pomeriggio lo trascorriamo di nuovo al parco, fa troppo caldo!











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