Quando dare vale molto più che ricevere …
Un’esperienza tanto carica, intensa, ricca e significativa,
non avrei mai pensato di poterla vivere in così breve tempo. Sì, perché questi
cinque giorni vissuti al campo di Pegognaga sono stati davvero molto importanti per me.
Appunti e riflessioni di Dania, una dei volontari: Dania ci ha aiutato dal 20 al 24 agosto lavorando con i bambini di seconda elementare.
La cosa che ancora mi stupisce, nonostante le innumerevoli
esperienze di volontariato che costellano la mia vita a contatto con diverse
realtà sociali, è il rendermi conto che, nel momento in cui faccio ritorno a
casa, ciò che nel cuore, negli occhi, nelle emozioni porto con me, è
decisamente molto di più di quello che posso offrire con il mio semplice
“esserci”...
La cosa ancora più incredibile, sorprendente, ma allo stesso tanto
semplice è realizzare che ciò è davvero
bello e, che più lo fai, più ci prendi gusto.
E qui parlo proprio di gusti, come quelli del gelato, che
una volta acquistato, vorresti non finisse mai, soprattutto se quelli sono i
tuoi preferiti. Oppure ancora come quella luna, tanto cara a Leopardi, mai
soddisfatta di ripercorre, dopo essere spuntata alla sera e aver illuminato i
deserti, gli eterni sentieri del cielo.
Particolarmente delicato è il contesto in cui io e i miei
colleghi ci troviamo ad operare: non si tratta di avere a che fare solo con
bambini, quelli stessi che Antoine de St-Exupery definiva 'gli unici in grado di
spiegare ai grandi come stare al mondo', ma con bambini che fino a poco tempo fa
hanno abbandonato in fretta e furia le loro classi e le loro case perché -come
mi ha detto Mattia- durante uno dei giorni di campo, “la terra ha deciso di
fare la birichina”, distruggendo case e palazzi, danneggiando edifici e
lasciando un segno indelebile nella memoria di grandi e piccini.
La città di Pegognaga, a prima vista, non appare
particolarmente sofferente … quelle immagini che sono passate al telegiornale
da fine maggio in poi hanno mostrato paesi e città più colpite, più ferite … ma
se osservi e guardi bene i segni del “suo” passaggio ci sono.. eccome se ci
sono … e non parlo solo di crepe o di case pericolanti, oppure ancora di
transenne o di impalcature, ma di emozioni, di sensazioni, di parole, di sguardi
carichi e significativi.
E allora come poter consentire ai bambini, quelli stessi che
hanno un modo tutto loro di stare al mondo, di prendersi cura di una bambola e
di piangere se viene tolta, di riappropriarsi di quella dimensione naturale
dello star bene, dell’essere felici, di avere quelle paure tipiche
dell’infanzia o ancora di riprendersi quelle classi lasciate vuote, di
ritornare alla “normalità”, di ricominciare con maggiori consapevolezze, di
dare avvio ad un nuovo anno scolastico serenamente, se non attraverso l’operato
ovvero l’entusiasmo, la voglia di fare, la competenza, l’affetto e la
sensibilità di persone che amano spendersi per gli altri?
Ecco il pensiero con cui mi sono accinta a intraprendere
questa esperienza e i risultati a cui sento di essere arrivata sono stati
decisamente sopra le aspettative. Eppure gli ingredienti si sono mostrati fin
da subito così semplici..
Qui ho trovato un insieme di persone accoglienti e grate, i
genitori ( e i nonni) dei bambini, nonché disponibili e collaborative, il
Comune nella figura del sindaco e degli operatori.
Persone, ancora, competenti e professionali come i miei
colleghi dai quali ho imparato davvero tante cose:
Adriana, con la sua
spontaneità e la sua sincera bontà, Daniela e Rossella con le loro infinite
competenze e risorse, Enrico con il suo spirito di adattamento e la sua
flessibilità.
Persone, ancora, che mi hanno concretamente dato la
possibilità di vivere questa esperienza con le loro capacità e abilità
organizzative ma non solo, come Massimiliano e Claudio.
Ma qui ho trovato anche pennarelli, pastelli, fogli, forbici
e colle… materiali di fantasia, creatività, immaginazione … e qui ho trovato soprattutto loro, i bambini che
sono stati i veri protagonisti di questo percorso di crescita condivisa e di,
oserei dire, trasformazione.
Sì perché la trasformazione è stato il filo conduttore di
tutte le attività proposte, da quelle grafico pittoriche, a quelle più
strettamente narrative. Trasformare e crescere non sono forse due parole per
indicare lo stesso concetto?
E allora ecco che i bambini corrono nel prato a cercare
rami, foglie, fiori, sassi per dare a questi oggetti una forma altra, o ancora
ecco i bambini immaginare e inventare storie creandole dal nulla, o ancora ecco
prendere spunto da due concetti come quello di luce e ombra tanto intuitivi
quanto oscuri, per riflettere sul senso delle cose che accadono, sul senso del
bello, del brutto, del giusto, dello sbagliato, del “mi piace”, “Non mi piace”
secondo le differenti capacità astrattive di ciascuno di noi e di ciascuna
fascia d’età. Ecco, di nuovo, vedere i bambini scorgere in linee apparentemente
accozzate parole, immagini, storie, visioni belle …. ecco le linee
dell’oscurità dure e aggressive diventare un mare, un cespuglio di fiori gialli…
….ecco allora che, uscendo di metafora, la crepa, il segno
più evidente del terremoto, si fa spunto e occasione per ripensare l’evento
naturale diversamente da quello che gli stereotipi ci impongono rielaborandolo
in modo più sereno e “umano” concretizzandolo e rendendolo comprensibile.
Sì perché se i bambini comprendono che una cosa può essere
conosciuta, interiorizzata ed elevata quindi ad un livello di maggior
consapevolezza, essa non fa più così tanta paura: la posso gestire e ne divento
il padrone.
E la prova l’ho avuta quando Mattia guardando il cartellone
“Insieme la scuola non crolla” mi ha detto con quella semplicità che i bambini
sanno trasmettere solo con lo sguardo: "… ma è la terra che deve smettere di
fare la birichina …"
Nessun commento:
Posta un commento